lunedì 20 luglio 2009

I cavalli di Platone, ovvero del divergere e del convergere


E' pur vero che l'intento principale di questo spazio è quello di raccontare il mio Sud, la mia isola.

Non è compito facile, anche se le voci sono autorevolissime, l'impresione finale che se ne ricava è quella di una lacerante babele di fatti , di linguaggi, di costumi, di mentalità, di sentimenti.

La Storia ha finito con l’insegnare che nell’isola di Ulisse questa precarietà del destino ha illuminato i fatti e i pensieri di molteplici bagliori, per cui, quando si è cercato di capire o rinvenire una precisa identità siciliana, essa all'ultimo è sempre sfuggita via insofferente a classificazioni e schemi.

Trovo molto illuminanti lelezioni di ROSARIO CASTELLI dell'Università di Catania a tale proposito:

"C’è chi sostiene che la Sicilia sia un continente a sé, chi si preoccupa che essa si sia come autocondannata alla diversità (ma a cosa dovrebbe assomigliare, se l’Italia e il mondo stesso al tempo di Internet e del villaggio globale non assomigliano più a niente?) e c’è chi, come Leonardo Sciascia, era convinto che fosse il contrario, che sia l’Italia ad assomigliare sempre più alla Sicilia fino a rispecchiarsi in essa, nel suo essere metafora del mondo.
Cento o infinite Sicilie: così la pensava anche Gesualdo Bufalino. Ma anche se fossero state solo due avrebbero messo in crisi qualsiasi osservatore che avrebbe visto come uno specchio non sempre rifletta l’immagine che gli si pone davanti. Il sentimento di diversità dei siciliani, a volte enfatizzato a volte fonte di commiserazione, quella consapevolezza dell’essere pirandellianamente «esclusi», Bufalino l’aveva definita «isolitudine» a marchiare un’unicità che è condanna e privilegio allo stesso tempo: è un destino di isolamento e di estraneità alla storia, ma anche il privilegio del veggente di riuscire a leggere in un granello di sabbia il destino del mondo."

3 commenti:

  1. Trovare qualcuno che parla con convinzione e orgoglio della propria terra...oggi è come trovare un ago in un pagliaio, almeno tra blogger....
    scrivi ancora, perchè qualcuno potrebbe prenderne esempio.
    Devo farlo anch'io più spesso.

    RispondiElimina
  2. PIMPINELLA- Quindi ti sorprende la mia convinzione e il mio orgoglio. Accade che più si spinga ciecamente, barbaramente direi, verso una direzione che tende a cancellare valori e cultura più si ottiene l'effetto opposto. Io sono siciliano, in altri tempi e altre circostanze non avrei avuto bisogno di palesarlo in questo modo; è il contatto con l'ignoranza volgare dei "settentrionali", la loro facilità nel fare di tutta l'erba un fascio, questo parlare continuo di federalismo e patrie diverse, è tutto ciò che mi spinge a dire della mia Sicilia. Dire non significa negare gli enormi problemi e le contraddizioni velenose che appartengono a quest'isola; dire significa solo distinguere, valorizzare, far conoscere, in alcuni casi, l'aria e la magia di una terra che lascia il segno. Tu che sei toscana mi puoi capire.

    RispondiElimina
  3. Penso che il siciliano sia orgoglioso, nel senso buono, per natura.
    Già da altre parti ti avevo raccontato dei viaggi di lavoro di mio padre nella tua terra e di quando mi raccontava di voi siciliani.
    In effetti ti comprendo benissimo, perchè il "vero" toscano, lo vedo geloso delle sua terra come il siciliano.
    E non è perchè abbiamo l'olivo e il cipresso.

    Questa globalizzazione più che a un arricchimento culturale ci sta portando incontro ad un impoverimento nel vero senso della parola.
    Non ci identifichiamo più in niente.

    RispondiElimina