lunedì 14 settembre 2009

1815


Bentrovati, i pochi che seguono questo blog hanno tutta la mia gratitudine perchè sopportano i lunghi silenzi cui li sottopongo. E' trascorsa un'estate calda e afosa come ormai è consuetudine in questa parte di penisola; non è stato sempre così ma credo che i cambiamenti climatici tesi verso una "tropicalizzazione" del clima siano ormai chiari e soffocanti.


Devo francamente dire che il panorama politico, sociale e culturale non è da meno del clima, per certi versi è lo scenario esatto di una tragedia che si recita ogni giorno ed è giunta ormai alle battute finali. Siamo governati da gente da poco ed abbiamo un'opposizione che riflette specularmente la maggioranza nella sua sconfortante pochezza.

Avevo intenzione di dedicarmi ESCLUSIVAMENTE ad argomenti culturali siciliani o meridionali in genere e lo facevo nella sciocca, irreale presunzione di parlare di una parte di una nazione unita; una parte importante quanto le altre, con pari dignità e valori aggiunti di grado elevato. La mia opinione è rimasta la stessa ma il contesto non è quello di una nazione unita. Sappiamo tutti e lo leggiamo ogni giorno da più di sessant'anni che questo è un paese a due, forse tre velocità; in realtà, dobbiamo dircelo con franchezza, l'unità nazionale e i comuni intenti che ne dovrebbero derivare sono ancora un'utopia. Così resteranno.

Torneremo ad un'edizione riveduta e corretta di una penisola divisa in almeno due stati, un Nord padano ed un Sud borbonico; non ha poi molta importanza stabilire adesso se di repubblica parlamentare si tratterà o di strane monarchie e ancora più improbabili sovrani. Saranno stati diversi, contigui per ragioni territoriali ma lontanissimi per cultura sociale ed umana. Tutto quello accaduto dopo la spedizione dei Mille diventerà soltanto materiale per i libri di storia ed opinioni contrastanti , un ricordo sempre più lontano ed oleografico di un tentativo mal riuscito.
In fondo la Sicilia è già geograficamente separata dal resto: solo tre piccoli chilometri, una ferita azzurra spettacolare per chi ha il fegato di percorrere quella trazzera spacciata per autostrada che si chiama Salerno-Reggio Calabria. Continuerò a scrivere, a far parlare i siciliani, lo farò magari solo per sfizio o perchè sono troppo vecchio e compromesso con quel sogno ideale che si chiamò unità d'Italia.

martedì 4 agosto 2009

DEL SUD E DEGLI STEREOTIPI








E' probabile che per un po' mi riposi anch'io, ma l'autunno è ancora lontano e l'estate canta pienamente la sua canzone seducente e chiara. Spero che alcuni fra voi prendano fra le mani un libro di autore siciliano, spero che comunque prendano in mano un libro. E' difficile non tenere conto della mia terra, l'unico avamposto rimasto a guardare l'altro continente al di là del mare; anche le pagine dei quotidiani degli ultimi giorni sono pieni di parole come Sud, meridione, Sicilia... parole spesso ipocrite o soltanto vuote. Il sud non vuole soldi o non solo quelli, il sud pretendeva rispetto ed uguaglianza. Adesso forse è troppo tardi per parlarne.








" La Sicilia fa problema. Lo dicono e ripetono politici, sociologi e storici. A livello culturale poi la letteratura siciliana ha una forza autoctona che le conferisce un risalto e un’eccellenza peculiari; nel bene e nel male, paradossalmente: non si è italiani se non si è mentalmente siciliani. A dispetto di quanti pensano al Gattopardo come a una narrazione semplice, astrattamente staccata dal tempo e dalle caratteristiche socio-geografiche dell’isola, la linea siciliana qui individuata pone questa narrazione in un rapporto di contiguità con il duro e straniato realismo di altre opere di autori siciliani. Verga, De Roberto, Pirandello, Sciascia, Consolo propongono una visione della Sicilia intrisa di realtà, visione, dunque, che ha poco di simbolico e metaforico.I tratti così messi in luce contribuiscono in maniera determinante a porre la letteratura italiana a fianco dei momenti più alti di quella occidentale. Senza i romanzi siciliani, sostiene l’autore, la nostra narrativa sarebbe a livello di un conservatorismo di provincia, sia pure punteggiato da opere minori interessanti. Solo con e dopo Verga si apre la strada verso la modernità"
Carlo Alberto Madrignani
Effetto Sicilia
Genesi del romanzo moderno. Verga Capuana De Roberto Pirandello Tomasi di Lampedusa Sciascia Consolo Camilleri



LE FOTO SONO DI UN AMICO CHE HA VOLUTO METTERLE A DISPOSIZIONE PER QUESTO BLOG, EUGENIO SCAGLIONE. GRAZIE EUGENIO E...FOTOGRAFA ANCORA.

LE IMMAGINI RIGUARDANO L'ULTIMO FESTINO A PALERMO.

martedì 28 luglio 2009

CONVERSAZIONI IN SICILIA.

Alcune frasi tratte da un libro veramente fuori dal comune: Conversazioni in Sicilia di Elio Vittorini. Non vi descriverò la particolare atmosfera che si respira nel libro nè la forma quasi di poesia in cui esso è scritto; certo se vi dovesse capitare di visitare la provincia di Siracusa andate nella Valle dell'Anapo e fermatevi in silenzio a respirare il senso antico di queste frasi.

"Erano di pietra celeste, tutti fichidindia, e quando si incontrava anima viva era un ragazzo che andava o tornava, lungo la linea, per cogliere i frutti coronati di spine che crescevano, corallo, sulla pietra. "






"Non proviamo più soddisfazione a compiere il nostro dovere, i nostri doveri… Compierli ci è indifferente. Restiamo male lo stesso. E io credo che sia proprio per questo… Perché sono doveri troppo vecchi, troppo vecchi e divenuti troppo facili, senza più significato per la coscienza."






La valle lunga e stretta scavata dal fiume Anapo tra le rocce carsiche degli iblei è testimone di una via segnata dall'uomo e non più utilizzata in questo tempo di corse e premure: la vecchia ferrovia a scartamento ridotto che univa Palazzolo Acreide con Siracusa.

venerdì 24 luglio 2009

EMIGRANTE AL CONTRARIO

Non di sera quando la frescura rende più leggeri i pensieri, ma oggi in questo pomeriggio infuocato e onnipotente; adesso all'ombra di una veranda antica, quella dove mia nonna lasciava ad essicare al sole i cuori rossi dei pomidoro. L'orizzonte nel cielo quasi lattiginoso lo guardo con gli occhi a fessura e i versi di Salvatore Quasimodo mi cantano dentro con la stessa musicale ebbrezza di quando li lessi la prima volta e avevo poco meno di diciotto anni:


QUASI UN MADRIGALE

Il girasole piega a occidente

e già precipita il giorno nel suo occhio

in rovina e l'aria dell'estate

s'addensa e già curva le foglie e il fumo

dei cantieri. S'allontana con scorrere

secco di nubi e stridere di fulmini

quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,

e da anni, cara, ci ferma il mutarsi

degli alberi stretti dentro la cerchia

dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno

e sempre quel sole che se ne va

con il filo del suo raggio affettuoso.

Non ho più ricordi, non voglio ricordare;

la memoria risale dalla morte,

la vita è senza fine. Ogni giorno è nostro.

Uno si fermerà per sempre,

e tu con me, quando ci sembri tardi.

Qui sull'argine del canale, i piedi

in altalena, come di fanciulli,

guardiamo l'acqua, i primi rami dentro

il suo colore verde che s'oscura.

E l'uomo che in silenzio s'avvicina

non nasconde un coltello fra le mani,

ma un fiore di geranio.


La mia isola era lontana allora: un periodico incontro annuale. Ed io emigrante, giovanissimo ed attento seguivo il corso del sole verso sud e tendevo l'orecchio al suono di una canzone nascosta.

martedì 21 luglio 2009

I CAVALLI DI PLATONE, seconda parte


" La letteratura dei siciliani è anche storia di maniere diverse di essere scrittori, talvolta anche all’interno della medesima parabola letteraria di un autore: se si guarda a Luigi Pirandello come a un paradigma, ci si renderà conto di quanto il suo destino sia comune a quello di altri suoi conterranei. Quell’antinomia tra Vita e Forma che lo scrittore agrigentino non smise mai di teorizzare altro non è che la traduzione scientifica di un intimo dissidio esistenziale tra istinto e ragione.
È stato così, se vogliamo, già per Giovanni Verga, per il quale la scelta del “documento umano” di eredità naturalista rispondeva all’esigenza di assegnare ordine, scientificità, attendibilità a una Storia con cui lo scrittore sentì a un certo punto l’obbligo morale e il bisogno esistenziale di confrontarsi, ma anche alla possibilità di temperare e imbrigliare fantasie mondane e idealità tardo-risorgimentali, che, sino alla svolta verista, lo avevano ubriacato e di cui avvertì, a un certo momento, tutta la provvisorietà.

ROSARIO CASTELLI

lunedì 20 luglio 2009

I cavalli di Platone, ovvero del divergere e del convergere


E' pur vero che l'intento principale di questo spazio è quello di raccontare il mio Sud, la mia isola.

Non è compito facile, anche se le voci sono autorevolissime, l'impresione finale che se ne ricava è quella di una lacerante babele di fatti , di linguaggi, di costumi, di mentalità, di sentimenti.

La Storia ha finito con l’insegnare che nell’isola di Ulisse questa precarietà del destino ha illuminato i fatti e i pensieri di molteplici bagliori, per cui, quando si è cercato di capire o rinvenire una precisa identità siciliana, essa all'ultimo è sempre sfuggita via insofferente a classificazioni e schemi.

Trovo molto illuminanti lelezioni di ROSARIO CASTELLI dell'Università di Catania a tale proposito:

"C’è chi sostiene che la Sicilia sia un continente a sé, chi si preoccupa che essa si sia come autocondannata alla diversità (ma a cosa dovrebbe assomigliare, se l’Italia e il mondo stesso al tempo di Internet e del villaggio globale non assomigliano più a niente?) e c’è chi, come Leonardo Sciascia, era convinto che fosse il contrario, che sia l’Italia ad assomigliare sempre più alla Sicilia fino a rispecchiarsi in essa, nel suo essere metafora del mondo.
Cento o infinite Sicilie: così la pensava anche Gesualdo Bufalino. Ma anche se fossero state solo due avrebbero messo in crisi qualsiasi osservatore che avrebbe visto come uno specchio non sempre rifletta l’immagine che gli si pone davanti. Il sentimento di diversità dei siciliani, a volte enfatizzato a volte fonte di commiserazione, quella consapevolezza dell’essere pirandellianamente «esclusi», Bufalino l’aveva definita «isolitudine» a marchiare un’unicità che è condanna e privilegio allo stesso tempo: è un destino di isolamento e di estraneità alla storia, ma anche il privilegio del veggente di riuscire a leggere in un granello di sabbia il destino del mondo."

domenica 19 luglio 2009

ORME

Ho sentito e letto molte spiegazioni sul perchè si scrive e si comunica con gli altri: ho anche una mia personale idea sul contesto "privato" dello scrivere, una sorta di intimo colloquio con sè stessi. Ma qui di seguito mi piace riportare l'opinione di ELIO VITTORINI, espressa a commento del suo libro " Conversazione in Sicilia" (1941)


"Ora il ‘mio’ libro io l’avevo, o pensavo di averlo, in Conversazione. Io non ho mai aspirato ai libri; aspiro "al" libro; scrivo perché credo in una verità da dire; e se torno a scrivere non è perché non mi accorga di "altre" verità che si possono aggiungere, e dire "in più", dire "inoltre", ma perché qualcosa che continua a mutare nella verità mi sembra esigere che non si smetta mai di ricominciare a dirla “.